Negli ultimi giorni è emerso un altro manoscritto la cui traduzione dal latino in inglese è opera della regina Elisabetta I d’Inghilterra. Al giorno d’oggi è difficile immaginare i nostri governatori (che siano Re o Presidenti…), nelle vesti di studiosi o accademici … ma la regina Elisabetta I si dimostra estremamente erudita ed esperta, traducendo dal francese, dall’italiano e dal latino già in età adolescenziale, e non si ferma quando sale al trono, si appoggia sempre di più alle sue capacità intellettuali come sovrana, trovando ispirazione e sostegno nei documenti che legge e traduce.
Da traduttore, risulta anche molto interessante la misura in cui abbia adattato o “localizzato†i suoi testi. Ogni traduttore si impegna a rendere spontaneo il testo tradotto, come se fosse stato scritto nella lingua di destinazione, ma questo è fondamentale anche per la regina Elisabetta I: non vuole che i suoi testi suonino come traduzioni, cerca quindi di avvicinarli anche culturalmente al mondo dei suoi lettori. Questo sforzo serve anche per favorire la sua agenda politica nazionale, che sia chiaro!
Questo ci porta al grande enigma per i traduttori: fino a che punto ci si discosta dal documento di origine per rendere la traduzione meno “estranea†per il lettore? Sembra che la regina Elisabetta I, sia in modo implicito che esplicito, fosse in grado non solo di trasferire le parole da una lingua all’altra, ma anche di rendere contemporanei i testi e di tradurli culturalmente per avvicinarli alla sua terra nativa.

(ph. Lambeth Palace Library)